venerdì 28 dicembre 2018

CEMENTO E ACCIAIO SUI RESTI DEL SILICIO: LO STATO DEL LAVORO E DEL LAVORATORE

di Marco Tuccillo (Defend Italia)


"A ferro e fuoco, a ferro e fuoco

Cemento e acciaio, sui resti del silicio

Si fottano gli artisti, stilisti e registi

Atei e papisti, profeti e qualunquisti

Io voglio fondamenta in cui affondar le mani

Sangue di operai nei pilastri del domani..."


Questa la strofa che maggiormente caratterizza il brano "CementoAcciaio" dei Siegfried band di Sassuolo (Modena, Emilia-Romangna), proprio su quest'ultima verrà improntato il contenuto che segue, riguardante il mondo del lavoro in Italia.

Italia, un tempo "Stato del lavoro e del lavoratore" nel senso più puro e nobile del termine, scindendo enormemente dall'etichette  liberalmarxiste o turbocapitaliste, che in un modo o nell'altro hanno sempre distrutto il mondo del lavoro con politiche sterili, dannose e a tratti troppo enfatiche sulla retorica della fallimentare lotta di classe, da sempre un chiodo fisso nella testa dei "figli di Marx".

Un mondo del lavoro segnato anche dalle politiche di collusione dei partiti politici con la borghesia patrimoniale, fautrice della ricchezza improduttiva e madre del concetto "lavoratori come numeri" da sfruttare a proprio piacimento e secondo i propri e dubbi canoni qualitativi, per il solo becero scopo di guadagno in un'ottica tutta liberista e capitalista, occidentale oseremo aggiungere ma dal secondo dopoguerra.

A tali manovre "parassitarie" dei padroni dell'industria e dello sciacallaggio economico, non si è mai opposto un sindacato squisitamente nazionale, capace di fronteggiare seriosamente tutto ciò per la tutela esclusiva dei lavoratori, che invece si vedono ingannati da coloro che si ergono loro paladini e massacrati da coloro che si pongono con falsa magnanimità nei confronti di questi.

Quindi, se da un lato abbiamo il lavoratore schiacciato da sindacalasti e datori di lavoro, dall'altro di sicuro vi troveremo la scarsa qualità del lavoro, in quanto è logico pensare che se la classe lavoratrice non dovesse avere i propri canoni lavorativi si troverebbe a compiere la propria mansione in maniera negativa, andando a incrinare enormente quella che potrebbe essere una serena produzione.

E allora da tutto ciò chi ci guadagna? 

Certamente la classe dirigenziale, squalo dell'impresa, che come in un grosso mercato fa girare uomini e denaro senza dignità, come in una grossa spirale dalla quale sottrarsi sembra quasi utopia se non vi si oppone una politica degna, sentita, sociale e nazionale che possa essere da formula e antitesi ad un sistema che logora, spolpa e getta ad un angolo i figli della nazione.

Lo stesso governo attuale non riesce minimamente a far pensare ad una politica del lavoro libera, sociale e nazionale che possa innescare una rivoluzione culturale da cui scaturirà, per forza di cose, una rivoluzione politica e quindi del lavoro. Manca una visione che dia modo ad una collaborazione proficua di classe che garantisca qualità del lavoro ma anche produzione in chiave orgogliosamente patriottica; infatti, il lavoratore dovrà sentirsi parte integrante dello Stato, perno principale per l'avanzata della nazione e del suo lustro dinanzi al mondo intero, che rientri pienamente in un'economia statale e non nell'oramai disastroso e attuale sistema liberalcapitalista  che è sempre più una grande società per azioni, manovrata da potenti e lobbisti che sono nemici indiscussi da sempre.

Detto ciò, non vi è volontà di negare proprietà privata o aziende private, anzi che ben venga la formazione di una neoclasse imprenditoriale che sia comunque rispettabile dei canoni imposti dall'economia statale, quasi corporativa o almeno su modello di ciò che fu durante il Fascismo ma senza, ovviamente, riproporne le identiche sembianze per semplice anacronismo. Insomma, dare vita all'uomo nuovo significa inserirlo in ogni contesto e settore del lavoro, eliminando una volta per tutte quel becero viscidume versato all'esclusivo riempimento delle proprie tasche che danni di immense proporzioni ha causato all'Italia, all'Europa e al mondo intero.

Tutto ciò è auspicabile se un'avanguardia, improntata  in questa "visione del mondo", prenda in mano le redini della Patria e la conduca verso un futuro di salvezza, speranza e gloria. Con il passare del tempo ci rendiamo sempre più conto che l'impero liberista cade a pezzi su stesso e per fare in modo che spariscano anche le macerie, bisogna cominciare  a ragionare in maniera collettiva in un contesto lavorativo e individuale nella formazione esclusivamente spirituale, quasi religiosa nel constatare che la propria esistenza è da forgiare in base al benessere della Nazione e dei suoi figli.