mercoledì 2 maggio 2018

IL CONCERTO DEL 1 MAGGIO: CRONACHE DI UN NAUSEANTE COPIONE


di Marco Tuccillo (Defend Italia)

Come ogni anno, il primo maggio, si è svolto il famoso "concertone" che in tanti, figli di papà, aspettano con ansia e con quella voglia da rivoluzionari di cartone che da sempre li contraddistingue.

L'evento della "festa dei lavoratori", che poi chissà i lavoratori dove sono, ha visto la partecipazione di molte band, più o meno "alternative" o "ribelli", che hanno coinvolto la folla con la propria musica e le proprie parole.

Si perché proprio le parole, attraverso la musica, hanno destato molta attenzione mediatica, in particolar modo  l'esibizione della band "Lo Stato Sociale", già noti in passato per il secondo posto nel festival di Sanremo.

La band si è esibita con una canzone dove si critica un pò tutto e dove si mandano a quel paese un pò tutti, insomma potremmo essere anche d'accordo su determinati nomi ma non di certo sulla falsità della forma proposta, scadente sotto ogni punto di vista e figlia di una falsa rivoluzione da salotto post-eskimo, che tanto puzza di "piddinismo" intriso di nefandezze radical chic predominanti nella società odierna.

Lo Stato Sociale ha chiaramente dimostrato, con questo modo di approcciarsi, di essere l'ennesima ipocrita band legata ad una certa sinistra culturale, capace di giocare alla rivoluzione marxista sul palco del 1 Maggio, come da copione, ma di non farlo per strada o sul palco di Sanremo dove magari determinati messaggi sarebbero stati sicuamente d'impatto e forse avremmo potuto definirli realmente "alternativi", a prescindere se certe opinioni o pensieri ci vedono d'accordo oppure no.

La situazione dell'evento di ieri, quindi, è stata di tutt'altro spessore e caratterizzata da una regia decisamente marcia figlia ideologica di un '68 assassino, con una folla altrettanto lobotomizzata, incapace di osservare con i propri occhi la triste realtà in cui verte la Patria e altrettanto inetti nell'ascoltare, con le proprie orecchie, il lamento di un popolo sanguinante, abbandonato e accoltellato ripetutamente proprio dall'ideologismo di cui si vantano di portare avanti.