domenica 1 luglio 2018

PLANANDO SOPRA BOSCHI DI BRACCIA TESE: RITRATTO DI LUCIO BATTISTI TRA MITO E REALTÀ

di Marco Tuccillo (Defend Italia)

Ho deciso di uscire fuori dai ranghi con questo articolo, esaminare la figura di Lucio Battisti tra mito e realtà, attraverso dicerie del mondo dello spettacolo e grandi conferme sul palco. Un ritratto di un cantautore che ha dato un mondo alla musica leggera italiana e al suo spessore, andato a scemare nel corso degli anni fino a giungere nell'incompletezza melodica e di contenuti dell'oggi, fatti di vuoto e pochezza in ogni loro aspetto.

Lucio Battisti nacque a Poggio Bustone (Rieti) il 5 marzo 1943, da Alfiero e Dea Battisti, in una famiglia di ceto medio, ai tempi una classe sociale agiata e nelle media in un'Italia messa fuori gioco,qualche mese dopo, dal tradimento di Badoglio e dalle conseguenti bombe alleate che hanno portato solamente morte e distruzione.

Finita la seconda guerra mondiale, la famiglia Battisti si trasferì definitivamente nel 1950 a Roma, dopo una breve parentesi a Castel Sant'Angelo (sempre provincia di rieti) nel 1947.  Il primo approccio di Lucio con la musica, si deve grazie ad una chitarra classica che gli fu regalata in seguito alla promozione scolastica in terza media.

Da quel momento la dedizione alla musica si completò con l'ascolto di vari artisti internazionali, come i Beatles o Bob Dylan, Ray Charles e Donovan affiancati da altri gusti musicali che colmarono la gioventù e la formazione di Lucio.

Passarono gli anni, questi conditi da gavette ed esibizioni di poco conto, nel mentre un diploma in perito elettrotecnico come garanzia e tanti sogni da realizzare con la propria voce, la chitarra e la creatività. Giunse il momento dell'incontro e la collaborazione con Mogol, che garantì ai due di catapultarsi sulla scena musicale italiane segnandone completamente la storia, con brani che tutti noi conosciamo, basterebbe citare: "Mi ritorni in mente", lo straziante racconto di un uomo alle prese con una delusione d'amore; oppure potremmo parlare di "La canzone del sole", ritratto di una giovinezza spensierata e pura con tutte le caratterizzazioni dell'epoca, mescolate all'introspettività dell'autore divenuta subito un marchio artistico; "Il mio canto libero", inno generazionale; "Io Vorrei... Non Vorrei... Ma Se Vuoi...", "Fiori rosa, fiori di pesco" e tantissime altre che hanno accompagnato le giornate dei nostri genitori e che oggi risuonano nelle cuffie di quei pochi giovani che ancora ritengono Battisti, una pietra miliare della musica italiana ed internazionale.

Tutti conoscono il Battisti della poesia, dell'emotività e dell'audace seppur intima condizione eterna della sua musica, ma pochi sanno l'altro lato della carriera di Lucio, fatta di dicerie e di "occhiatacce" da parte di un mondo, quello della "gente per bene,gente per male", come cantava lo stesso Lucio, fatto di diktat e imposizioni di una sinistra culturale sessantottina che proprio non ci stava a farsi piacere Lucio, perché ritenuto "borghese", a volte "reazionario" o addirittura "fascista".

La leggenda del Lucio "fascista", è stata alimentata da conferme e smentite dell'epoca che parlavano di finanziamenti del cantautore ai giovani missini, oppure al suo sostegno incondizionato per Almirante e per il suo non allinearsi ai canoni di un mondo musicale che a quei tempi aveva la meglio. 

Lo stesso Pierluigi Bertoli, noto musicista e attivista politico comunista, dichiarò: <<negli anni settanta si sapeva che Battisti stava a destra e che era vicino al MSI. Non c'era bisogno di prove, lo si sapeva e basta!>>. Voci su voci che si aggiravano in un ambiente, quello sinistrorso, che non si riconosceva minimamente in Battisti e cercava di sminuirlo in ogni modo con critiche grossolane e banali considerazioni della sua "musichetta fatta da canzonette" .

Canzoni come: "La canzone del sole", "Gente per Bene, gente per male", "La collina dei ciliegi", "Il mio canto libero" e "il veliero" sono le canzoni maggiormente prese in esame da chi ci ha visto qualcosa di più-forse enfatizzando in un tentativo di farle "proprie" politicamente  e culturalmente-una chiave che sbloccava quelle porte che davano su una visione, un mondo che ben conosciamo fatto di tradizioni e virtù.

La canzone del sole, i riferimenti al "mare nero" e alla "fiamma", vennero interpretati come metafore della simbologia fascista, in particolar modo la fiamma che era il simbolo di un'identità ben definita e nota a tutti...quella Missina.

La collina dei ciliegi, dove «planando sopra boschi di braccia tese» fu interpretato come un riferimento al saluto romano. Oppure nel verso "Quasi sempre dietro la collina è il sole", riconosciuta come la metaforica visione della Patria o dell'Europa sotto il segno della tradizione, quest'ultimo termine per giunta ritrovabile nella stessa canzone, in particolar modo nel verso "volando intorno alla tradizione, come un colombo intorno al pallone...".

Gente per bene, gente per male è un brano che pone l'accento sulla condizione culturale e sociale del popolo italiano durante gli anni '70, fatto di intellettuali da salotto che nel nome della rivoluzione marxista disdegnevano la purezza del proprio popolo, compresi i suoi ceti più comuni e le sue più classiche usanze, ritenute obsolete per il progressismo..."il nuovo che avanza".

Il veliero, invece, seppur non avendo diretti connotati di matrice ideologica, ha un accostamento particolare dovuto a un presunto messaggio subliminale, infatti verso la fine del brano  Lucio sembra dire, a bassa voce: "Avvicinatevi alla patria".

Il mio canto libero, oggetto di una visione più forzata delle altre canzoni, ad esempio quella della copertina con le braccia rivolte verso il cielo, ritenuti da alcuni interpreti come "saluti romani" oppure ad alcuni versi delle canzone, ritenuti metafore dal "chiaro significato fascista".

Alla domanda se fosse mai stato fascista, Lucio era solito sorridere e non rispondere, non esprimendo in maniera chiara la sua visione in merito, lasciando in un alone di mistero critici e giornalisti, ascoltatori e boicottatori. 

 "Lucio? Scherzi? Era di destra, eccome. E la chitarra che gli spaccai perché non voleva andare a lavorare all’Ibm, beh…gliela ricomprai dopo dopo due settimane. Che dovevo fare, figlio mio, lui voleva fare il cantante." questo ciò che venne detto ai giornalisti da Alfiero Battisti, padre di Lucio, in merito all'eterno dibattito sulla questione ideologica del cantautore.

Sinceramente, al sottoscritto, non interessa minimanente se Lucio era fascista, di destra, anticonformista e confermo che quei "boschi di braccia tese" continueranno ad affascinare me e chi come come, alimenta la leggenda di un cantautore che mai si è chinato dinanzi le pretese di un mondo squallido e terribilmente schematico. Lucio e le sue melodie intrise di bellezza e ardore, vivranno in eterno nei nostri cuori e nella storia della musica.