domenica 15 aprile 2018

CONTROLLARE IL LINGUAGGIO DEL POPOLO, PER CONTROLLARE GLI INDIVIDUI 


di Antonello Giuliani (Defend Italia)

QUEL DOCUMENTO DIMENTICATO, LA CARTA DI ROMA.

Nel 2008 il Sindacato e il Consiglio Nazionale dell'ordine dei giornalisti hanno redatto un documento integrativo per aggiornare il “Testo unico dei doveri dei giornalista”. 

Le nuove procedure riguardano la corretta terminologia da utilizzare nel caso di notizie inerenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti. 

Lo scopo principale é quello di sensibilizzare l'opinione pubblica relativamente alle attività massmediatiche in campo di immigrazione. 

Il 3 Febbraio 2016 il documento é stato interamente inglobato, sotto forma di glossario, nel Testo unico dei doveri del giornalista.

Tale e tanto é stato l'interesse al tema che si é deciso di estendere tutto il progetto creando un'intera associazione denominata "Associazione carta di Roma ", il cui scopo ultimo é quello di manipolare le masse. Molti hanno manifestato la loro attenzione da abbracciare questo progetto per trasformarlo in una potentissima arma di controllo. 

Tre le categorie coinvolte: 

quella dei Media, formata dal Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti e dai membri del consiglio direttivo della Federazione della stampa italiana; quella della società civile composta, da: Amnesty International, Arci, Federazione delle chiese Evangeliche, Consiglio italiano per i rifugiati, Centro Astalli, ed altre sigle minori; quella del mondo accademico, dove spiccano i nomi dei più importanti Atenei italiani. 

A supporto del pacchetto, la Open Society di George Soros. 

Il denominatore comune dei rappresentanti di queste categorie è la promozione della cultura dell'accoglienza e della solidarietà. 

Continuiamo a chiederci perché i giornalisti abbiano deciso di cambiare il senso alle parole. 

Perché, per esempio, parlare di " vittime della tratta " e negare, contemporaneamente, l'esistenza della stessa? 

Come può un "migrante" essere migrante e rifugiato? 

Perchè modificare il loro volto riferendosi a loro come di persone che abbandonano il Paese d'origine a causa della miseria, delle malattie e dei conflitti armati? 

Il documento lo ricorda come “individuo che sceglie di abbandonare volontariamente il proprio Paese di origine nel quale può far ritorno in condizioni di assoluta sicurezza”.

Le risposte non possono che alimentare l'idea di un piano d'invasione studiato a tavolino. 

Mantenere la stessa terminologia e mutandone il significato è un vero colpo basso. Fortunatamente abbiamo smascherato il gioco per cui se il premio Pulitzer quest'anno è sfumato, quello della mistificazione lo consegneremmo volentieri ai giornalai di Regime.