venerdì 6 luglio 2018

7 LUGLIO, IN RICORDO DI CARLO FALVELLA GIOVANE MISSINO, VITTIMA DELL'ODIO ROSSO


di Marco Tuccillo (Defend Italia)

"Tutti i fascisti come Falvella con un coltello nelle budella", questo lo slogan delle belve rosse che inneggiavano alla morte di Carlo Falvella per mano dell'anarchico Giovanni Marini. Una storia dimenticata quella di Carlo  che noi tratteremo in questo articolo dedicato alla sua memoria, purché sia eterna e che sia da monito per la continuazione della giusta battaglia.
1972, siamo solamente agli inizi dei terribili anni di piombo, non molto lontani da ciò che avverrà e di ciò che sarà quella guerra civile che segnerà tremendamente i due opposti estremismi politici, in un clima surreale di bombe e attentati, accoltellamenti e pistolettate, giovani morti ammazzati e mamme piangenti sulle bare dei propri figli.
1972, Salerno, città bellissima e romantica a sud-est di Napoli, con la sua costiera e le sue spiagge colme di persone e magari tra queste, in quell'inizio di anni '70, vi passeggiava anche il giovanissimo Carlo Falvella, militante missino.
Un cuore d'oro e gonfio di passione quello di Carlo, l'amore per la militanza politica e l'ideale, ne caratterizzavano fortemente lo spirito e il carattere proprio come sua madre, una donna di destra, di altri tempi, valori e virtù che trasmise ai propri figli quella visione tanto condannata e odiata da una società aberrante e colma di odio.
Carlo studiava filosofia e riuscì a ultimare il primo anno senza problemi, nonostante gli mancassero ben 13 diottrie all'occhio destro, fattore che lo avrebbe portato prima o poi alla cecità; consapevole di questo, non si perse mai d'animo, lo promise a papà Michele e da guerriero quale era, non venne mai meno ai suoi nobili obiettivi.
In quegli anni, il ragazzo, girava per Salerno con i manifesti del Movimento Sociale Italiano che era solito attaccare agli sportelli e al cofano della propria macchina; l'impegno politico e la costanza militante, erano fattori per Carlo di fondamentale importanza, dei doveri sacrosanti da portare a termine senza se e senza ma.
Era una giornata calda quella 7 Luglio '72, Carlo passeggiava in Via Velia a poco dal lungomare, in compagnia del camerata Giovanni Alfinito. Nelle vicinanze dei due militanti missini, un gruppetto di persone della fazione opposta, quella di estrema sinistra o anarchica; non ci vuole molto tempo prima che le due parti arrivino a colluttazioni verbali, scaturite naturalmente dagli individui "rossi", in particolar modo da Giovanni Marini, l'assassino di Carlo.
Dalla violenza verbale alla quella fisica in pochi attimi, proprio Marini estrasse un coltello che cominciò a sferrare verso i due militanti missini; Giovanni Alfinito, riuscì a schivare la lama più volte e Carlo, per difendere il suo camerata, intervenne prontamente e lottò come un leone ma nonostante tutto rimediò una coltellata che gli recise l'aorta che in qualche minuto lo portò ad accasciarsi a terra in un lago di sangue dinanzi lo sguardo incredule di Alfinito, mentre il gruppetto di vili assassini si dava alla fuga.
L'emoraggia di Carlo era troppo grave, il disperato tentativo di portarlo in ospedale si spense definitivamente su quella barella dove il giovane guerriero morì. La tragica perdita di un figlio, Carlo, non bastarono a togliere la dignità di una madre che nel giorno del funerale proferì queste parole: "Hanno ucciso lui, non hanno ucciso la sua idea". Una donna di ferro la mamma di Carlo, che mentre seppelliva la carne della sua carne, dava conforto ai camerati e amici del militante missino distrutti dal dolore.
Un funerale, quello di Carlo, che non vide la partecipazione di alcun esponente del mondo politico tranne il Movimento Sociale Italiano che assisteva inerme alla morte ingiustificata di uno dei suoi camerati.
Come per il rogo di Primavalle, anche per l'assassinio di Falvella viene messa in moto la macchina del fango a guida sinistrorsa; basterebbe citare il mostruoso tentativo di umanizzare il carnefice, Giovanni Marini, da parte di Franca Rame e di che come lei cominciò a gettare le basi per l'elevazione di un assassino vigliacco senza onore che tolse la vita ad un ragazzo innocente, bello come il sole e con una vita davanti.
Nonostante tutto, arrivò il contentino della magistratura che diede a Marini nove anni di reclusione, proprio durante gli anni da carcerato che si improvvisa "poeta", tanto da arrivare a vincere il premio Viareggio ed essere identificato come "il poeta dei folli e dei giusti", aspetti che hanno del surreale in un'Italia altrettanto tale, da sempre impegnata a difendere gli assassini dei suoi figli migliori. Una storia fatta di violenza e mai giustizia è stata fatta realmente perché ricordiamo, quegli anni,"uccidere un fascista non è reato"; ma dall'altra parte c'è chi non ha dimenticato Carlo e chi come lui, è morto da innocente e per un'idea decisamente diversa da quella  delle marionette comuniste figlie di un'ideologia maledetta e di un odio bestiale senza precedenti.

CAMERATA CARLO FALVELLA PRESENTE!