martedì 7 ottobre 2025

IL DUCE PRIMO "PROPAL" D'ITALIA. COOPERAZIONE ARABO-FASCISTA. ISRAELE E IL BENESTARE SOVIETICO


STORIA

Mussolini e l’Italia fascista si adoperarono nel tentativo di salvaguardare la Patria degli arabi della Palestina
Non fú solo un appoggio politico, ma  un autentico sostegno materiale.  Mussolini finanziò per quasi due anni la prima intifâda palestinese  e la  rivolta contro il dominio coloniale britannico che nel 1938 provocò 1.700 vittime palestinesi. 
In sostanza tra il 10 settembre 1936 ed il 15 giugno 1938, l'Italia  fece pervenire alla rivolta palestinese tramite la sua guida il Gran Mufti di Gerusalemme: 138.000 sterline, una somma alta per quei tempi. Questo contributo finanziario deciso dal Duce all'indomani della guerra in Etiopia e per la posizione assunta dall'Italia nei confronti del nazionalismo arabo, oltre che in funzione  anti-inglese, serviva anche allo scopo di non lasciare la questione araba, totalmente nelle mani del competitor  tedesco dal '33 in poi; i tedeschi godevano al pari dei camerati italiani di ampie simpatie in Medio Oriente .

LE ARMI PER I MUJÂHIDIN PALESTINESI A TARANTO 
Oltre ai finanziamenti  il Duce decise di inviare ai palestinesi un consistente carico di armi e munizioni,  acquistato in Belgio tramite il SIM. 
Questo arsenale depositato per quasi due anni al porto dI Taranto, avrebbe dovuto giungere, tramite intermediari sauditi la guerriglia palestinese che combatteva nella prima grande intifâda contro il regno hascemita della Transgiordania e per porre fine al protettorato britannico e bloccare l'arrivo di altri coloni sionisti  in Terrasanta.
Le armi non arrivarono a differenza dei soldi, per motivi non ben chiari.

Il fascismo aveva chiaro che il suo ruolo era geopoliticamente ritagliato a misura per il Mediterraneo, ed il nazionalismo arabo è in secondo luogo la fede islamica erano bacino di simpatie che potevano chiudere il cerchio delle aspirazioni fascite  oppure migrare totalmente verso la Germania nazionasocialista.
Nella visione fascista sicuramente non ci stava posto per una entità statale sionista in Palestina, avamposto britannico.
In questo contesto, nel 1937 arrivò anche l'onorificenza della "Spada dell'Islam", encomio solenne ricevuto da Mussolini in Libia per mani di Yusef Kerbisc
 influente capo berbero, fidelizzato alla causa italiana; il Duce d'Italia che nel '29 chiuse il capolavoro politico  dei Patti Lateranensi, ora aveva anche la carica onoraria di "Difensore dell'Islam".


L'ANTIFASCISMO OGGI CON LA BANDIERA DI CHI SOSTENEVA IL FASCISMO IERI
Qualcuno dovrebbe spiegare agli antifascisti, che la bandiera palestinese (ufficiale dal 1988) é stata mutuata dalla bandiera del partito ba'th iracheno e dalle sue preesistenti radici ideologiche di simpatie fasciste. La bandiera palestinese fu scelta a simbolo di panarabismo dall'OLP.
Al tempo molti stati arabi erano fortemente influenzati dal partito ba'th (la parte irachena).
Il ba'ath che inizialmente era  presente in maniera unitaria con una diramazione anche in Siria, si scisse dal ba'th siriano in quanto a differenza di questo ultimo, gli iracheni erano improntati ad una forma di fascismo arabo,  i suoi uomini provenivano ideologicamente da un precedete regime filo-Asse, mussoliniano e anti-inglese, che ha portato l'Iraq nella seconda guerra mondiale al fianco di Italia e Germania per un determinato periodo. 
In pratica gli antifascisti sventolano una bandiera nazionalista, resa di larga diffusione dagli  ambienti filofascisti del panarabismo e che sta agli antipodi di ciò che professano. I suoi colori possono essere considerati  anche quelli del fascismo arabo e soprattutto delle lotte nazionali di liberazione, sin dalle rivolte contro l'Impero Ottomano, quando la prima forma di questa  bandiera apparve. 
Non si tratta assolutamente di una bandiera comunista e tantomeno antifascista, tanto più che nella sua storia e sotto il suo garrire al vento trovarono ombra figure preminenti  come Amin al-Husseini (Gran Muftí di Gerusalemme) che negli anni trenta aveva ufficio a Berlino e riceveva finanziamenti da Mussolini per organizzare la rivolta contro i primi coloni sionisti inviati dall'Inghilterra in Palestina e contro le truppe inglesi stesse.

GRUPPO FORMAZIONI "A"
PALESTINESI ARRUOLATI NELL'ESERCITO ITALIANO, ATTIVI DURANTE LA DIFESA DI ROMA
1942, palestinesi inquadrati nel regio esercito italiano. Nella prima foto ultimo a destra il gran muftí di Gerusalemme durante consegna bandiera. Altre immagini, mezzi,  bandiera di combattimento e mostrina.



Giuramento dei volontari arabi del Gruppo Formazioni "A":
«Giuro di combattere con tutte le mie forze e se necessario col mio sangue per la causa della Nazione Araba a fianco dell'Esercito Italiano del quale osserverò leggi e regolamenti durante la lotta contro il comune nemico per la liberazione dei Paesi Arabi del Vicino Oriente.»

LA LEGIONE ARABA LIBERA SOTTO IL COMANDO TEDESCO 
La Legione Araba Libera, nata da volontà  palestinesi con lo scopo di sostenere Italia e Germania nella seconda guerra mondiale, arriva nella nella contesa anti-inglese dell'Iraq. 
I suoi aderenti erano giovani nazionalisti panarabi di diverse nazioni e palestinesi che si sono immolati insieme ai nostri soldati sui vari fronti, voluta sempre dal gran muftí di Gerusalemme e posta sotto comando tedesco.


CHI ERA IL GRAN MUFTÍ DI GERUSALEMME FERVENTE SOSTENITORE DEI FASCISMI?

Il Gran Mufti è il più alto funzionario della legge religiosa islamica sunnita. Questa carica  nel periodo preso in esame era ricoperta da Amin al-Husseini. 
Quindi se per il fascismo il Vicino Oriente era estensione di lotta e ampliamento di sacche amiche nel mondo, d'altro canto i palestinesi dell'epoca ricambiavano ampiamente le simpatie per il fascismo e anche per il nascente stato nazionalsocialista, tanto che lo stesso Amin al-Husseini dichiaro nel 1933:

«I musulmani dentro e fuori la Palestina danno il benvenuto al nuovo regime tedesco e si augurano che il sistema di governo fascista si affermi in altri Paesi».

Il fascismo era amico di questo nuovo mondo, e arabi e musulmani lo sostennero anche in armi, tanto da arruolarsi nelle forze dell'ASSE nella seconda guerra mondiale e non solo nelle due formazioni riportate sopra in questo articolo, diversi sono stati i corpi islamici volontari partiti per il fronte, come la Kaukasisch-Mohammedanische Legion o la più famosa Divisione Handschar, specializzati nelle battaglie anti-partigiani.

IL CORTOCIRCUITO IDEOLOGICO DELLE SINISTRE OGGI
la causa palestinese non é mai stata assimilabile al marxismo, in Palestina si combatte, oggi come ieri, per la Patria e non per il comunismo, idea  internazionalista ed antinazionale. 
Invece il sionismo del principio nella  sua parte piú importante e consistente, quello  detto "sionismo sociale", era marxista e i suoi uomini si recarano in visita all'URSS per ricevere approvazione, come il primo ministro e fondatore di Israele Davide Ben Gurion.
Israele infatti nasce con una operazione ideologica internazionale guidata da ambienti massonici di sinistra, dove si teorizzava che le masse proletarie sioniste, erano l'unica promessa di occupazione permanente degli spazi palestinesi e che l'idea del sionismo minoritario  nazionalista di affermare uno Stato con le forze interne era del tutto irraggiungibile.
Dopo la guerra dei 6 giorni, dove il "sionismo sociale" partecipó come fazione principale, Israele venne governata per anni dagli stessi.
Il 17 maggio 1948, tre giorni dopo che Israele dichiarò l'indipendenza, l'Unione Sovietica concesse all'Israele il riconoscimento de Jure e decisivo anche il voto sovietico per il riconoscimento dello stato di Israele da parte dell'ONU.
La storia vuole che il giorno dopo la proclamazione della  nuova entità statale  sionista, Israele attaccata militarmente da una coalizione araba, riesce a resistere solo grazie alle armi sovietiche fatte pervenire dalla ex Cecoslovvavcchia, tonnellate di armamenti.

Israele nasce in sostanza con la volontà ideologica, militare 
 e politica di chi oggi pretende di occupare le piazze mescolando falci e martello e bandiere del nazionalismo panarabo, gli stessi che si sentono anche eredi di quel contribuito alla nascita di Israele. 



Davide Pirillo