venerdì 11 maggio 2018

LA TRINCEA IDEOLOGICA DEL DONBASS ED I FASCISTI ITALIANI VOLONTARI

Da tempo il gruppo l'Espresso ed altri giornali e TV più o meno antifasciste, si affannano a dimostrare che in Ucraina, ci sia la presenza di «estremisti di destra» italiani, a volte con gli ucraini, altre con i filo-russi, tutti armati e "cattivi". La cosa certa è che il nazionalismo italiano, ha dovuto lavorare sodo per creare una visione unica dei fatti del Donbass, che oggi tende verso le istanze filo-russe. Se poi ci siano fascisti italiani in Donbass sembra ovvio e scontato, ed ecco quindi il gioco facile di giornalisti e inviati di guerra, come quella del programma Nemo di Rai 2, che l'anno scorso e come da copione, durante un reportage andato in onda nella PUNTATA, chiede ad un agazzo italiano volontario filo-russo, che tendenza politica aveva in Italia, ed ecco la risposta che si aspettava: «l'ideologia di Forza Nuova», astuzie di regime. Quindi è vero, ci sono fascisti a combattere in Ucraina? Certo, come ci sono marxisti ed altro ancora; quindi la trincea Donbass semmai è da intendere come di tipo ideologica per l'Italia. 

Con questo articolo tentiamo di fare un quadro della situazione.


di Marco Tuccillo (Defend Italia)

Negli ultimi anni la guerra nel Donbass (Ucraina orientale) è stata protagonista di molte diatribe nell'area, per via dei supporti alla causa filorussa oppure filoucraina, dove il contesto sociale o storico viene meno per dare spazio a immagini e sensazioni che rendono fuorviante la vera motivazione del conflitto, catapultando la questione ad un tifo quasi da stadio, senza connotati di riferimento, ma soprattutto senza informazione.

Tutti noi conosciamo Maidan, la rivoluzione ucraina contro il governo oligarchico vigente in quegli anni, per giunta guidata da tutte le ideologie: nazionalisti, filoeuropeisti, liberali e progressisti. Una piazza colma di simboli e bandiere che rivendicava il diritto di essere Ucraina e di avere legittimità nell'avere una politica economica, sociale e militare a conduzione esclusivamente nazionale, peccato che poi si è rivelato tutto l'opposto, tradendo ogni aspettativa creatasi tra quelle strade infuocate, tra quegli slogan urlati con rabbia e quei volti speranzosi ignari di ciò che stesse accadendo nell'oscurità della politica, incoscienti di essere le ennesime pedine di un progetto meno nobile, votato all'egemonia atlantista dell'area baltica a confine della Russia.

La situazione degenerò ben presto, quando il governo golpista attuò delle rivendicazioni di poco senso contro le comunità russofone sul territorio, privando questi ultimi delle proprie tradizioni, culturali e sociali, essendo da sempre maggiormente legati alla Russia per ovvie ragioni storiche. I dissapori e le violenze tra le due parti portarono presto al conflitto, di certo non naturale ma obbligato, spinto al massimo per provocare una reazione da parte della Russia, magari utilizzando poi questa carta come casus belli per un eventuale conflitto su larga scala, obiettivo fallito che muterà in una guerra ibrida, quasi tribale, tra le due comunità sul campo di battaglia.

I supporter delle due parti, hanno naturalmente cominciato a dare le proprie delucidazioni sulla motivazione della loro scelta, ognuno con i suoi punti ben definiti come a costituirne una visione quasi personalistica, fuori dalla realtà che tende a spiazzare l'ascoltatore o il lettore, facendolo cadere in banalità non da poco, per giunta esperienza vissuta personalmente.

La parte filoucraina, parla di una guerra di sovranità nazionale e sociale, ma non è affatto così, si parla di un conflitto voluto dalle èlites e dai poteri forti insediatisi in Ucraina con l'avvenire della fase post-golpista, capaci di gestirne le condizioni economico-sociali-militari, non è un caso che sul territorio ucraino vi è una massiccia presenza di istruttori militari americani e reparti di fanteria o paracadutisti che addestrano l'esercito regolare ucraino e la guardia nazionale ucraina, quest'ultima punto di riferimento dei battaglioni ucraini tanto noti per via della loro ideologia "nazionalsocialista", ma vi è ben poco di tutto ciò se consideriamo che questi si muovono esclusivamente per il governo ucraino, anche non essendo finanziati direttamenti dalla NATO, il loro equipaggiamento/armamento sembra parlare di tutt'altro.

Questi battaglioni, oltre ad essere utilizzati in Donbass per neutralizzare la minaccia dei "ribelli filorussi", ultimamente sono stati "sciolti" sui confini nazionali con strane rivendicazioni con Polonia e Ungheria, vere e proprie provocazioni che hanno un retaggio storico non da poco, ma che oggi, nel 2018, rischiano di essere l'ennesima giustifica per scatenare una reazione delle due nazioni citate, che ovviamente, dal punto di vista nazionalista e sociale hanno cominciato a risentire delle pressioni ucraine.

Non per nulla, volontari polacchi e ungheresi, ma anche serbi, greci e serbi (area balcanica) sono coinvolti direttamente nel conflitto come militanti volontari, operativi nei battaglioni filorussi come il Rusich, l'armata ortodossa, cosacchi bianchi e altre formazioni attive su territorio. 

Per quel che concerne la parte filoucraina, invece, i volontari provengono da quei paesi che invece hanno una rivalità storica o permeata nel proprio tessuto sociale proprio contro la nazionalità dei volontari operativi nel Donbass, basti pensare ai croati (la parte più numerosa), oppure ceceni (per via dei risentimenti antirussi), statunitensi o canadesi e altri di minore numerico non classificabile. 

Da quel che si può notare, vi è una vera e propria demarcazione sociale tramutatasi in un conflitto ibrido, come menzionato prima, di carattere tribale o comunitario.

La parte filorussa, non vede solamente tra i propri punti ideologici il nazionalismo, lo zarismo, il panslavismo a conduzione russa, ma anche un rossobrunismo caratterizzato da alcune formazioni militari, in primis "Brigata Prizrak" che ha fatto dell'internazionalismo la propria identità (essendo di matrice socialista marxista), infatti molti sudamericani o comunisti europei militano in quelle file, proprio tale fenomeno ha garantito l'apporto ideologico dell'area comunista italiana con iniziative come le "carovane antifasciste" e altro.

Dobbiamo, però, rettificare che non vi è alcuna collaborazione tra le formazioni paramilitari a carattere nazionalista rappresentate dal forum mediatico "Right Novorussia" e quelle maggiormente improntate sul socialismo internazionalismo rosso, visioni simboggiate da una forte presenza di simboli comunisti o date richiamanti la grande vittoria sul terzo reich e via discorrendo.

Secondo alcune fonti, di dubbia veridicità, tra le due parti sul campo vi è stato anche un conflitto interno che ha portato alla destituzione di alcune importanti figure militari e politiche delle due repubbliche indipendenti della Novorussia.

La parte ucraina, invece, oltre l'esercito regolare governativo chiaramente da parte della NATO, degli Stati Uniti d'America e di Israele, vede i suoi battaglioni a carattere, almeno visivamente, nazionalsocialista ma è una facciata che occorre a rendersi eredi legittimi di quelle che furono le "SS galiziane" oppure le formazioni banderiste, che infiammarono l'ideologia ucraina con un'avversione sia al comunismo che al nazionalsocialismo, lo stesso Bandera che dopo la rivoluzione maidanista è stato nominato eroe nazionale, andando a ripescare miti e storie dal cilindro magico in maniera forzata per creare una sorta di identità che ne giustificasse l'odio verso i filorussi e la guerra in corso, manovre che possono essere considerate di matrice occidentale per via del retaggio storico, già visto, un pò in tutto il mondo.

Da notare come anche la causa filo-russa, come già descritto in un articolo precedente, possa essere considerata una vera e propria controrivoluzione

contro il progressismo, l'occidentalismo, la globalizzazione e il resto dei cavalli di battaglia donati all'Ucraina governativa per condurre la propria falsa "crociata" che ha l'unico scopo di infastidire la Russia, considerando che quello sta accadendo ai danni di quest'ultima è un vero e proprio accerchiamento strategico-militare del Patto Atlantico.

Nel tessuto sociale della popolazione del Donbass, infatti, vi è una fortissima propensione al cristianesimo ortodosso e al tradizionalismo, fattori che sono facilmente percepibili nei battaglioni presenti; non è un caso che l'esercito governativo ucraino, tra i propri obiettivi militari ha il compito di distruggere chiese e simboli sacri, per indebolire psicologicamente la popolazione già martoriata dalla visione delle proprie case bruciate, i propri figli morti sul fronte o magari sotto un colpo di mortaio e altre atrocità di una guerra forzata, economica, figlia del mondialismo. 

Infatti, secondo dati ufficiali, la parte maggiormente colpita è propria quella dell'ucraina orientale, con rari momenti di "pace" che riescono a far respirare e sperare, sensazioni che vengono brutalmente interrotte subito dopo con una nuova escalation militare, come riaccaduto da poco tempo a questa parte anche se di minore densità, se consideriamo gli anni passati. 

I battaglioni ucraini d'altro canto, dovrebbero riconoscere che il nemico è insediato nei palazzi governativi della parte per cui combattono, quel nemico che li ulitizza come vere e proprio marionette non per interessi nazionali, bensì extranazionali per giunta occidentali.

Fare leva su antichi sentimenti ideologici è l'unico modo, spesso, per poter scatenare un odio senza precedenti, incondizionato e mostruoso che non ha alcuna base solida nei tempi che corrono, tempi bui in cui gli europei dovrebbero compattarsi e riconoscere che il nemico è aldilà dell'oceano, senza dimenticare i compagni di merenda di cui si è sempre servito per assoggettare, invadere, umiliare e deturpare nazioni intere in nome della "libertà" e della "democrazia".