ISTRIA, FIUME E DALMAZIA: UNA FERITA ANCORA APERTA
I mondiali di calcio in Russia hanno messo sotto i riflettori la litigiosità del "mondo" balcanico, a cui per via di eterni revanscismi e la mai chiusa pagina di Istria, Fiume e Dalmazia siamo legati anche noi italiani, fuori dai mondoali, ma non dalla questione geopolitica.
di Marco Tuccillo (Defend Italia)
Con questo articolo, intendo, fare chiarezza su una vicenda a noi italiani fin troppo cara e sentita, una ferita mai riemarginata e viva nella memoria di coloro che subirono l'oppressione della "stella vermiglia" in casa propria, senza poter avere mai giustizia. Repressione comunista che non ha solamente comportato problemi alla comunità italiana ma a tutti i popoli balcanici, obbligandoli a convivere sotto lo stesso tetto con i diktat spietati imposti dal "mondo sovietico", privando questi della propria vera identità religiosa ma anche etnica a causa del "melting pot" auspicato dallo stesso Tito. Il sanguinamento dei balcani si è protratto sino agli anni '90, con le guerra di Jugoslavia, innescate dai nuovi nazionalismi locali che vollero finalmente ribellarsi al dominio comunista, in seguito alla morte di Tito. I conflitti nazionali-etnici nei territori dell'ex Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia, portarono alla divisione degli stati e dei popoli, così come vennero alimentate rivendicazioni e sensazioni di odio tra questi. Proprio la delicata situazione balcanica, continua a rimarcarsi ancora oggi e in tutti gli aspetti, come quello calcistico ad esempio dove la fortissima rivalità tra Serbi e Albanesi, dovuta alla guerra del Kosovo, è all'ordine del giorno e ha influenzato anche i Mondiali in Russia 2018; proprio durante la competizione, i tifosi albanesi hanno approfittato per "sputare" veleno sulla tifoseria serba e la sua squadra, inneggiando alla morte di questi ultimi. Nonostante i moderni tentativi di pacificazione nei balcani, la situazione rimane alquando pericolosa e potrebbe scoppiare da un momento all'altro. Proprio in base a quanto scritto fino ad ora, che faremo un tuffo nel passato e con carattere maggiormente storico e meno sociale.
Era l'aprile 1941 quando le potenze dell'asse occuparono la Jugoslavia e proprio in quel frangente che venne istituito il "Commissariato Civile della Dalmazi" affidato ad Athos Bartolucci da Benito Mussolini. La gran parte della Dalmazia settentrionale venna annessa al Regno d'Italia, per legittimità, comprese quindi anche le città di Spalato e Sebenico, mentre il resto venne consegnato al Regno di Croazia, guidato dagli Ustascia di Ante Pavelic.
Mussolini creò, di conseguenza, il Governatorato di Dalmazia,che includeva:
la provincia di Zara che comprendeva il comune di Zara e il suo entroterra Tenin, più le isole dalmate che passarono sotto sovranità italiana.
la provincia di Spalato (1941-1943), che comprendeva le città di Spalato, Traù e Sebenico con il loro entroterra, più le isole della Solta (meno dunque la Brazza) e le altre Lissa, Curzola, Lagosta, Cazza, Pelagosa e Meleda.
la provincia di Cattaro (1941-1943), che comprendeva i centri di Cattaro, Perasto, Castelnuovo con un piccolo entroterra , seguendo i vecchi limiti veneziani ed austriaci, più l'isola di Saseno, di fronte alle coste dell'Albania vicino a Valona.
Nella fine del 1941, la situazione cominciò a degenerare drasticamente, in quanto si innescarono atroci e violente rivendicazioni etniche sollevate dalle formazioni partigiane di Tito contro gli ustascia di Ante Pavelic e i fascisti italiani o chiunque li appoggiasse. I titini erano, a loro volta, supportati dai cetnici serbi nelle violenze perpetrate ai danni dei civili croati, arrivando a compiere numerosi stupri, vere e proprie mutilazioni o esecuzioni di massa. Le formazioni titine giustificarono cotanta violenza per via del trammento ricevuto dai Croati, anche a danno della popolazione ebraica locale.
I cetnici, solamente in un momento dopo ed entrati in contrasto con i titini, decisero di farsi finanziare e incorporare nella Milizia volontaria anticomunista (MVAC) per combattere la resistenza titoista, ma ciò causò degli attriti con gli Ustascia di Ante Pavelic che non vedevano di buon occhio le ultime manovre dell'Italia fascista.
Dal canto suo Mussolini, non parlò mai di tradimento a danno di Pavelic, bensì di pacificare una situazione che rischiava di divenire una polveriera interna e pericolosa in quanto si consumava ai confini del Regno d'Italia, causando quindi ripercussioni non indifferenti. Infatti, secondo numerosi fonti storiche, il progetto di Mussolini mirava ad una sorta di unione, nell'anticomunismo, tra serbi e croati e ciò avvenne temporaneamente con quando Dimitrije Ljotić aggregò una minoritaria parte dei volontari Cetnici con gli attivisti di ZBOR, il Movimento Nazionale Jugoslavo (Jugoslovenski Narodni Pokret), fondato il 5 gennaio 1935 dallo stesso Ljotić. Infati, con la capitolazione del Regno d'Italia, la Dalmazia passò sotto dominio tedesco che incaricò Jotić di formare il Corpo di Volontari Serbi delle SS (Serbisches SS-Freiwilligen Korps), in cui entrarono una parte dei volontari cetnici e svariati militanti di ZBOR. Ai migliaia di serbi reclutati, si aggiunsero anche alcuni croati e sloveni. Nel 1944 l'armata arrivò a contare quasi 10.000 unità.
Nonostante le numerose forze in campo dell'Asse, le truppe comuniste titine, plurietniche e internazionaliste, liberarono l'intera regione dall'occupazione dell'Asse, grazie specialmente al grosso supporto monetario e bellico dagli Alleati. Lissa, nel mentre, divenne quartier generale delle formazioni militari di Tito, che cominciarono ad operare in maniera violenta ai danni della comunità italiana, una sorta di pulizia etnica che obbligò questi a fuggire, evento storico tristemente noto come "esodo giuliano dalmata". All'esodo, si aggiunsero i numerosi bombardamenti sulla regione, in particolar modo Zara, da parte degli Alleati su indicazioni di Tito, che provava per i "fascisti croati e italiani" un'ossessione da estirpare ad ogni costo. Proprio a causa del feroce odio Titino, che Zara venne bombardata ben 54 volte, completamente rasa al suolo venne paragonata alla Dresda Italiana.
L'ultimo colpo alla presenza italiana avvenne nell'ottobre del 1953, quando le scuole italiane furono chiuse e gli allievi trasferiti, da un giorno per l'altro, nelle scuole croate della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (conduzione comunista) si completò così la pulizia etnica degli Italiani in Dalmazia, inziata con gli aberranti massacri delle foibe nel 1943.
Ancora una volta il colpevole di tutta la violenza commessa ha un nome e si chiama "Comunismo", non Croazia, sotto la guida di Tito e dei suoi boia senza onore e dignità, che approfittando di scontri interni hanno causato la più grande disgrazia della storia balcanica, recando solamente odio ed orrore senza precedenti. Tutt'ora oggi, per moltissimi italiani, la ferita è ancora aperta, sanguina e difficilmente potrà ricucirsi ma la memoria non andrà mai persa, perché le vittime di quelle terre, da sempre nostre, vivranno nei nostri cuori.